Una storia ben raccontata: Prologue (Ita/Jpn)

Buongiorno, 
oggi il blog ospita un prezioso articolo della nostra Alessandra Montrucchio.
Conosciamo già Alessandra come appassionata ed esperta di danza (sul blog potete trovare i suoi articoli della serie BalleticYuzu), ma è soprattutto una editrice, traduttrice, scrittrice e insegnante di scrittura creativa.

Ebbene, in tale veste ha analizzato per noi “Prologue” sotto il profilo della narrazione.
Questo show è infatti concepito come un racconto della “storia” di Yuzuru sino ad oggi, ad introdurre una nuova fase della sua carriera, quella di pattinatore professionista.

Lascio la parola ad Alessandra, con i più sentiti ringraziamenti.


Italian:

(Pubblicato sullo Yuzuru Hanyu Italian FB Fan Group il 21 gennaio 2023)

Tutt* voi mi conoscete come l’autrice di #balleticyuzu, quindi come persona che conosce e pratica la danza. Vero. Ma avendo capito abbastanza presto che non sarei mai diventata la nuova Sylvie Guillem, ho coltivato anche altri interessi, fatto altri studi, e il settore in cui mi guadagno da vivere sono i libri. Revisiono o traduco quelli altrui, ne ho scritti di miei e insegno scrittura creativa. La conseguenza è che, negli anni, ho imparato a riconoscere – nei libri, ma anche nei film, nei fumetti: in qualsiasi opera racconti una storia, insomma – i meccanismi su cui si fonda una narrazione; e quando ho visto Prologue, oltre a rimanere incantata di fronte al pattinaggio di Yuzu, non ho potuto che riconoscere un uso sapiente di quei meccanismi, ed è di questo che vi voglio parlare: di Prologue come racconto e del perché, a mio parere, funziona non solo come performance di elevatissimo pattinaggio ma anche come storia.
Come si racconta, una storia?
Be’, secondo la teoria classica, la si divide in tre parti. Queste tre parti, dagli antichi Greci in poi, sono state chiamate in molti modi, ma il succo più o meno è sempre lo stesso: c’è una situazione iniziale in cui viene presentata la vita dei personaggi così com’è normalmente; a un certo punto, succede qualcosa – chiamiamolo evento dinamico – che altera la situazione iniziale, che rompe il normale equilibrio delle cose e costringe i personaggi a reagire. Inizia così la seconda parte della storia, la più consistente: una serie di avventure e disavventure, di cosiddette peripezie, che i personaggi devono affrontare. Questa serie di peripezie segue di solito un andamento «a scala»: momenti tranquilli, di pausa, «orizzontali», si alternano a momenti tesi, di azione, «verticali». Questo dà ritmo alla storia e fa crescere la suspense: è una scala i cui gradini devono farsi man mano più ripidi, in cui la tranquillità lascia sempre maggior spazio alla tensione, fino al momento che conclude questa seconda parte ed è speculare all’evento dinamico, cioè la scena madre. I personaggi sono in enorme difficoltà, tutto sembra perduto… e invece la situazione si ribalta a loro favore (siamo in una commedia). Oppure le cose precipitano irreparabilmente (siamo in una tragedia). Oppure metà e metà (siamo in una storia… agrodolce, amara, realistica: generi e definizioni abbondano). In ogni caso, la scena madre porta a una nuova situazione stabile, a una nuova normalità, migliore, peggiore, uguale o diversa che sia dalla normalità iniziale: siamo approdati alla situazione finale. The End, titoli di coda.
Ad affrontare tutto questo, i personaggi. I quali devono svolgere alcune specifiche funzioni. C’è il protagonista, c’è l’antagonista, e ciascuno dei due ha degli aiutanti. C’è un premio che li aspetta e si contendono, e questo premio può benissimo essere un personaggio a sua volta: per dire, la donna desiderata da due uomini. La funzione dei personaggi è essenziale, e per farvene capire il motivo vi porto un esempio: pensate a un giallo in cui avete capito facilmente chi era il colpevole; ora pensate a che funzione svolgeva nella storia… nessuna, vero? Era un personaggio che non serviva a niente. Ecco, nei cattivi gialli è facile capire chi è stato perché il colpevole non ha nessuna funzione all’interno della storia, se non quella di essere colpevole.
Naturalmente, un narratore può mischiare le carte. Può iniziare il racconto dalla scena madre o dalla situazione finale e tornare indietro (in flashback, si dice); può avere più personaggi che svolgono la stessa funzione e più funzioni svolte dallo stesso personaggio. Dopodiché, ci sono altri meccanismi di cui essere consapevoli quando si racconta – il punto di vista, il ritmo, eccetera – ma fermiamoci qui, ai fondamentali: stringi stringi, il cardine di qualunque storia è cosa succede a chi.
Partiamo.
Prologue inizia con un video. Il video si apre con l’annuncio del ritiro dalle competizioni; poi, sulla musica di Romeo e Giulietta2.0, si susseguono quelle che potremmo chiamare le scene di vita quotidiana di un atleta: gli allenamenti su ghiaccio e a secco, le cadute, un bellissimo momento in cui Yuzu, sdraiato su un materassino, alza un braccio davanti a sé e la sua mano si tende a cercare – e afferrare – qualcosa di impalpabile eppure presente come un sogno, un obiettivo alto e lontano, le gare. Le gare sono rappresentate da punti topici della carriera di Yuzu: il primo 4Lz, la prima combinazione 4Teu3F, la fine inutilmente gloriosa di Origin alla Finale di Grand Prix 2019 a Torino. Il video si chiude con due inquadrature diversamente ma specularmente potenti: lui da solo, seduto chissà dove, in controluce, a mettere via i pattini; lui da solo, prima di prendere il ghiaccio, coi paralame, quei paralame, quelli che dal terremoto dell’11 marzo lo hanno accompagnato a ogni gara, premuti sulla fronte.
Questo significa che Prologue inizia quasi dalla fine.
Ovvero: la storia che questo spettacolo intende raccontare è la carriera «dilettantistica» di Yuzu, e come vedremo la racconta mostrandoci una situazione finale, un evento dinamico, uno svolgimento, una scena madre e una situazione finale. In questo quadro narrativo, la conferenza stampa in cui, il 19 luglio scorso, lui ha annunciato il ritiro dalle gare rientra nella scena madre: è l’evento che conclude la vita agonistica di Yuzu e apre una fase nuova. Non a caso, dopo la scena madre, la svolta narrativa rappresentata dalla conferenza stampa, il video costituisce una sorta di sinossi di Prologue: la storia di Hanyu dilettante è stata un susseguirsi di allenamenti e gare, intervallato da alcuni momenti cruciali (il primo oro olimpico, come ci suggerisce la musica; quella Finale di Grand Prix che, forse più di qualsiasi altro momento, gli dimostrò che qualunque cosa facesse, comunque pattinasse, non gli avrebbero più consentito di vincere un oro importante).
Il fatto che il racconto di Prologue inizi dalla scena madre ci fa capire che Yuzuru ha scelto di differenziare fabula e plot. La fabula è la sequenza cronologica degli eventi che la storia racconta; il plot è il modo in cui l’autore «monta» gli eventi. Yuzuru ha scelto di non farli coincidere: il plot non rispetta l’ordine cronologico della fabula, in pratica non comincia dall’inizio. Comincia appunto dalla conferenza stampa e da una sorta di rapida presentazione del protagonista (lui) e della sua vita: quasi un antefatto, come accade in certi libri o in certi film (pensate alla sequenza prima dei titoli di testa nei film di James Bond), per farci capire l’abc della storia che ci viene narrata.
Poi le luci di colpo si accendono, brillanti e piatte e rumorose, e vengono annunciati i sei minuti di riscaldamento canonici che precedono l’esecuzione di un programma di gara. Questo, dopo l’antefatto, è il vero e proprio inizio di Prologue, e in termini tecnici è un inizio in medias res, cioè «in mezzo alle cose»: in un momento d’azione, coinvolgente, capace di catturare all’istante il pubblico. E quale momento poteva essere più coinvolgente di una gara? Anzi, della gara per antonomasia: Seimei, il programma iconico di Yuzuru, quello con cui ha stabilito record ineguagliati e che gli ha permesso di vincere il secondo oro olimpico. Non poteva esserci momento più adatto per cominciare questo racconto: l’apice della sua carriera, il coronamento dei suoi sogni e, anche, lo spartiacque tra un’epoca in cui il suo talento e il duro lavoro gli davano la possibilità di gareggiare per la medaglia d’oro e un’epoca in cui non sarebbero più bastati; lo spartiacque tra un periodo di eventi sia fortunati sia sfortunati (peripezie, insomma,) ma comunque di ascesa, e un periodo sempre di peripezie ma, ingiustamente, di discesa.
Una storia che comincia a essere raccontata dal suo momento cardine ha la forza di uno schiaffo, e mette in chi la sta leggendo, ascoltando o guardando la voglia di sapere come andrà avanti, certo, ma anche di scoprire come e perché il protagonista è arrivato fin lì. Ed ecco infatti l’orologio, centro scenografico e simbolico di Prologue, tornare vorticosamente indietro, sino all’origine di tutto: origine che ci viene illustrata da un secondo video. Un funghetto che si chiama Yuzu, ha quattro anni e indossa i pattini per la prima volta; lo stesso funghetto che, a nove anni, gareggia con programmi e risultati notevoli (primo al campionato Novice B 2004 con From Russia with Love); un decenne accanto all’albero di Natale e su una sorta di cavallo a dondolo – e non vi si stringe il cuore, a guardare quel bimbo dondolarsi furiosamente in quello che sembra l’atrio di un centro commerciale deserto? Impegnato e sorridente e solo? Non credo che Yuzu abbia scelto questo filmato a caso: è la stessa solitudine che concludeva il primo video, dove lui asciugava i pattini in uno spazio deserto come quel centro commerciale, quasi a voler suggerire che questa è la vita di chi sceglie di inseguire un sogno come il suo: una vita di rinunce, di dedizione assoluta, ergo di necessaria, ricercata ma chissà quanto greve solitudine… una solitudine che poi, se parliamo di «regole narrative», è una caratteristica fondamentale del protagonista o, se volete, dell’eroe di ogni grande storia che si rispetti: l’eroe è solo; può avere amici (aiutanti), può avere mezzi (oggetti magici), ma nel momento decisivo, quando dovrà davvero affrontare il nemico (l’antagonista), l’eroe è sempre, sempre, sempre solo: pensate alla lotta di Frodo contro Gollum al Monte Fato, pensate al duello tra Harry Potter e Voldemort tra le rovine di Hogwarts. Seguono un’intervista del 2007, con la famosa dichiarazione di agognare all’oro olimpico, e Rhapsody on a Theme of Paganini, il programma che, a quattordici anni, gli permette di acquisire i primi due elementi indispensabili al raggiungimento del Super Slam: l’oro al Grand Prix Junior e ai Mondiali Junior.
Questo video è, precisamente, la situazione iniziale di quella storia che è la carriera agonistica di Yuzuru Hanyu, ovvero: la vita (solitaria) di un bambino prima, ragazzo poi (il protagonista), che ha il sogno (che desidera il premio, in termini di funzioni e personaggi) di vincere le Olimpiadi di pattinaggio di figura e come pattinatore promette bene. Ma qual è l’evento dinamico che cambia le cose?
Eh no, Yuzu sa che a questo punto ci vuole una pausa. Nessuna narrazione ben costruita può infilare un evento emozionante dietro l’altro senza mai rallentare: ne verrebbe un ritmo eccessivo, affannoso e alla lunga monotono. È ora di fermarsi. Dunque, prima un programma godibile ma non impervio come Change («cambiamento», tra l’altro: giusto per ricordarci che questo è comunque un prologo a una nuova, diversa storia), poi l’interazione con il pubblico. Le risposte alle domande che gli sono state mandate, i botta e risposta con quella che tutti noi conosciamo come la voce femminile dei campionati nazionali giapponesi, i due o tre programmi (a seconda della tappa dello show) scelti grazie al braccialetto: è una pausa, ma le pause non devono essere piatte, pena la perdita di interesse da parte del pubblico, e Yuzu calibra bene il ritmo di questo intervallo intessendo abilmente momenti statici (il «parlato») e momenti dinamici (il «pattinato»), stando attento che i primi non siano troppo lunghi o egocentrici (il parlato qui è dialogo, non monologo) e che i secondi non soverchino il parlato.
Poi Yuzuru esce e la pausa finisce. La situazione iniziale è stata narrata. Toccherà all’evento dinamico?
Sì, tocca all’evento dinamico.
Tocca all’11 marzo 2011.
È molto particolare, il video che Yuzuru stesso ha montato al riguardo. Si apre con immagini di repertorio sia del «durante» sia dell’immediato «dopo» terremoto, una documentazione commovente, ma non morbosamente strappalacrime, dell’evento che ha cambiato la sua vita. Poi, dalla Storia si passa alla storia, quella di Yuzuru, con la sua pista danneggiata e il suo profilo di ragazzino in viaggio alla ricerca di altre piste: la difficoltà di allenarsi è la prima peripezia dopo l’evento dinamico… o la seconda? Perché la difficoltà non è solo logistica, ma psicologica ed emotiva: tutti conosciamo la lotta che Yuzuru ha affrontato dentro di sé in un momento in cui continuare a pattinare e a perseguire il suo sogno olimpico gli sembrava inutile, addirittura sbagliato, ed è qui che incontriamo anche un primo, grande antagonista di ogni protagonista che si rispetti: quello interiore, la parte di te che ti dice che no, non sei adatto, peggio, che non hai il diritto di fare quello che fai, di sognare quello che sogni. Non a caso, ciò che segue è il programma che Yuzu pattinò il 9 aprile 2011, a Kobe, in uno spettacolo di beneficenza in favore delle aree devastate dal terremoto: un White Legend emozionante ed emozionato, perfetto nella tecnica quanto nella capacità di trovare una connessione col pubblico, tanto da meritare una standing ovation. Tanto da far comprendere a Yuzu che la strada intrapresa, nonostante i problemi, è ancora e sempre quella giusta, anzi, lo è ancora di più adesso che percorrerla può significare non solo realizzare un sogno personale, ma dare gioia e speranza alla gente: il conflitto con l’antagonista interno è vinto, almeno per un po’, e Yuzu può proseguire e arrivare alla stagione 2011-2012, cioè a Romeo + Giulietta 1.0.
Qua si chiude il video, che ci ha traghettato dall’evento dinamico alle prime peripezie affrontate da Yuzu; ora la narrazione richiede che a un programma importante come RJ1 si dia più rilevanza: affrontato l’antagonista interno, affrontati gli impedimenti esterni – non solo la difficoltà di allenarsi: in questa stagione, Yuzu si sloga una caviglia –, l’eroe vince una battaglia essenziale, arrivando quarto al Grand Prix e terzo ai Mondiali con un programma che non solo gli guadagna migliaia di fan e l’attenzione degli esperti, ma che contribuisce a convincerlo che è ora di fare il grande passo: e trasferirsi al Toronto Cricket Club. In Prologue, un programma così centrale Yuzuru non può che pattinarlo dal vivo: con una scelta registica particolarmente azzeccata, entra in pista quando, nel video, lo Yuzu diciassettenne sta eseguendo la trottola che chiude la prima sezione di RJ1 e la riprende a sua volta: se fossimo in un film, questa tecnica di montaggio si chiamerebbe dissolvenza e vedrebbe una scena sfumare nella successiva. È innovativo che tale tecnica venga applicata al passaggio da un video a una performance di pattinaggio dal vivo.
Il video successivo documenta l’ascesa di Yuzuru Hanyu all’Olimpo del pattinaggio: la vittoria a Sochi, il primo pattinatore a eseguire il 4Lo, l’unico ad aver vinto quattro Grand Prix di seguito – come documenta la vittoria alla Finale del 2016 –, la vittoria a PyeongChang (e qui ci si ricollega a Seimei, all’inizio in medias res di cui parlavo: termina qui la narrazione in flashback e si va avanti dal 2018 in poi; plot e fabula sembrano dunque convergere e identificarsi, ma gli scarti nella costruzione della struttura di Prologue non sono finiti). È sicuramente il momento giusto per questa carrellata di «momenti di gloria»: dopo le tante peripezie seguite all’11 marzo 2011, l’eroe vince una battaglia importante e di lì vive un periodo non privo di ostacoli e inciampi ma tutto sommato positivo, anzi, molto positivo, coronato dalla conquista del «premio», ovvero il secondo oro olimpico.
E adesso?
Se i sogni d’infanzia si sono realizzati, che cosa può accadere adesso?
Occorre di nuovo un momento di quiete, anzi di introspezione: ne ha bisogno il ritmo del racconto e ne ha bisogno Yuzuru, che si interroga su se stesso, sul senso per sé e per gli altri del suo pattinaggio, sui nuovi sogni che possono costituire le fondamenta del suo percorso. Un salto in avanti nel tempo (un flashforward, in linguaggio narrativo), e il video della gloria si chiude su una nota interrogativa e vagamente amara, come consapevole che sognare ancora significherà combattere ancora, e rischiare, e magari perdere. Questa nota è Dreamy Aspiration, unica escursione di Prologue nel territorio di Yuzuru Hanyu atleta professionista. Scappare così avanti nel tempo non è solo un flashforward: nell’ottica della storia qui raccontata, mostrare quel programma è una prolessi: ovvero, un’anticipazione di eventi futuri. Le prolessi sono presenti in romanzi dominati da un narratore onnisciente, ovvero un narratore che conosce tutta la storia dalla A alla Z. Può essere un narratore come Manzoni, che nei Promessi Sposi ci racconta le vicende di Renzo, Lucia and Company senza nascondere che dietro c’è lui, con le sue idee e la sua morale; o può essere un personaggio che, in prima persona, racconta qualcosa che gli è successo e di cui, essendo una vicenda ormai conclusa, lui/lei conosce ogni dettaglio. Quello di Yuzu è il secondo caso: Prologue è anche un memoriale, Yuzu ne conosce ovviamente ogni particolare e Dreamy Aspiration è il suo modo di dire: la storia non è ancora finita, ma io so come procede, e vi do un breve assaggio di futuro che serve a introdurre la giusta atmosfera, il giusto clima emotivo per narrare la parte che ancora manca.
E in modo estremamente naturale Dreamy Aspiration lascia il posto a A Fleeting Dream: il legame è mostrato nel panno che nasconde Yuzu al mondo e il mondo a Yuzu (alla fine del primo programma e all’inizio del secondo), nel titolo che insiste sul sogno e, appunto, nell’atmosfera. In questi due programmi, e nel secondo in special modo, c’è tutta la riflessione di Yuzuru sulla sua carriera, sui suoi momenti luminosi che dopo PyeongChang diminuiscono e su quelli bui che aumentano, sul suo rapporto con il pubblico e con il pattinaggio. Non sono certo un caso le parole che vengono proiettate sul ghiaccio durante A Fleeting Dream: ne trovate l’elenco, in kanji e in inglese, qui: 

 

Buio pesto. Acque scure. Catturare la luce. Illuminare. Sostegno. Sogno. Pattinare e basta. Speranza. Superficie dell’acqua. Pensiero. Io so. Spaventato. Sentimento. Solo. Mondo. Rispondere. Forza che svanisce. Non credo occorra disturbare la psicanalisi per comprendere che, in questo programma – mentre con la grazia, la bellezza e la malinconia di un tritone Yuzuru apre una sorta di sentiero, o di fiume, in una selva forse oscura, e poi crea vortici, e poi attraversa una pista che è anche una figura umana –, Yuzuru sta di nuovo combattendo con l’antagonista interiore, coi suoi dubbi, le sue debolezze, le sue paure. Del resto, ormai siamo molto avanti nel racconto, ed è qui, prima che arrivi la scena madre, che il protagonista deve vivere la peggior battuta d’arresto, il momento in cui tutto sembra perduto o quasi: mille dubbi, mille parole a volte positive, più spesso negative, fino a inginocchiarsi sul ghiaccio, al centro di quello che pare un cerchio di luce ma che in realtà sono più cerchi sovrapposti – i cerchi olimpici? – e che più luminosi sono, più mettono in ombra lui mentre tocca il ghiaccio, e china il capo come rassegnato, se non sconfitto…
… ed ecco il video che traduce i pensieri in immagini, la lotta interiore in lotta esteriore: la prima immagine è una porta che si chiude, seguita da quella di un calendario con, segnate, le date di PyeongChang. L’ascesa è finita, Yuzu è in vetta: ora dovrà scendere? Cadute, infortuni e nuovi nemici riusciranno a farlo scendere dalla cima? Davanti ai nostri occhi sfilano ostacoli e antagonisti di ieri e di oggi: un podio su cui svetta Patrick Chan , l’infortunio alla Rostelecom Cup 2018 che lo costrinse a ritirarsi dal Grand Prix, la collisione con Yan Han alla Cup of China 2014… la prima parte di questo video fa temere il peggio. Fa temere che prevarrà il dolore, che la lotta non sarà, non possa essere vinta.
Ma poi la musica cambia. Cambia ritmo e tono, si gonfia di speranza e fiducia, e alle scene di sofferenza e sconfitta si mescolano quelle di conquista: la caduta con infortunio a Pechino, ma anche e di nuovo il 4Lz a Torino (raccogliendo, come nella migliore narrativa, il frutto di un seme piantato a inizio spettacolo: quel 4Lz era già nel primo video); il 4A certificato ma non ratificato alle Olimpiadi 2022, ma anche il GPF 2015 e quel record di oltre 330 punti che significò sia un vertice nel pattinaggio e nello sport in generale, oltre che nella carriera di Yuzuru, sia l’inizio di un nuovo «fronte di battaglia» per lui, contro antagonisti in qualche modo inaspettati (l’Isu, la sua stessa federazione). Intanto, Yuzu parla: Anche se i miei sforzi non vengono ripagati, dice, anche se il percorso che ho fatto è stato in vano, se voi mi guardate pattinare e questo vi rende felici, allora non posso essere più ripagato di così. Io sono… davvero felice. E, a fine video, il cerchio si chiude: le braccia al cielo di Yuzuru adulto nella posa finale di Tenchi sono le stesse dello Yuzuru bambino nella posa finale di From Russia with Love.
E se c’è speranza, se c’è fiducia, non tutto è perduto; se esiste ancora la primavera, necessariamente finirà l’inverno: è il momento di Haru Yo, Koi. Yuzuru pattina questo programma con il sorriso sulle labbra e la luce negli occhi – e con, sotto le lame, le proiezioni di… un vortice rosa sakura con sprazzi verde foglia. Un campo di erba mossa dal vento. Schizzi centrifughi neri sul bianco del ghiaccio: l’inchiostro di questa storia, stormi di uccelli in volo? Nuovi vortici prima in bianco e nero che poi, gioiosamente, fieramente, si accendono di colori. Un’esplosione di fiori.
No, non tutto è perduto: l’eroe può ancora vincere, forse…
Buio.
Silenzio, a parte il pubblico che batte le mani in attesa di un bis, un video, un programma, qualcosa.
Suspense.
Infine.
Sì, parte un video, ma non è un vero video. È l’orologio. Segna le 11.11, ma il tempo riprende a scorrere. Un secondo alla volta, ogni secondo sottolineato da uno scatto che suona quasi come un rintocco. Ma non è un conto alla rovescia, non sono i rintocchi di Cenerentola e non ci sarà nessuna mezzanotte, nessuna carrozza tornerà zucca, perché dopo sessanta secondi la lancetta dei minuti si muove. Non sono più le 11.11. Sono le 11.12.
Non lo vediamo ma è qui, seguendo la fabula, che si colloca la conferenza stampa del 19 luglio. È qui che culmina la scena madre rappresentata da Haru Yo, Koi: con la decisione di Yuzuru di abbandonare il pattinaggio agonistico a se stesso e passare al professionismo. E il professionismo costituisce la situazione finale di Prologue: Yuzu ha trovato un nuovo equilibrio – ovviamente instabile, trattandosi di lui: troppi progetti, troppi sogni, troppe sfide lo animano perché trovi una vera, definitiva pace – e gli antagonisti sono sconfitti. Ne sono prova Parisienne Walkways, un programma quasi sempre (esclusi i Mondiali 2013) glorioso, dai record che ha fruttato sino alla felice performance al galà di Skate Canada 2019, che Yuzu reinterpreta come bis; i giri della pista a ricevere il plauso e l’amore del pubblico che gli ha garantito il tutto esaurito a tutti gli spettacoli – mentre gli antagonisti fanno i conti con le loro arene semivuote; la sua commozione.
Urlo finale, arigatō gozaimashita senza microfono, uscita di scena, fine.
Fine?
Prologue sarebbe stato un racconto narrato molto bene anche così come si è concluso in quattro tappe su cinque, lasciando la situazione finale in sospeso: Yuzu è passato al professionismo, come andrà questa nuova storia è ancora da vedere e da raccontare, e ora che è gennaio e noi ne abbiamo letto i primi capitoli – il successo su YouTube, i premi, le tante partecipazioni televisive, il trionfo di Prologue stesso – sappiamo che quella situazione finale potrebbe essere – anzi: è, e si spera continuerà a essere – positiva; certo, l’amarezza per il quadriennio 2018-2022, per Pechino e per le ingiustizie subite rimane, ma l’eroe ha vinto: è acciaccato, qualche rimpianto ce l’ha, ma tutto sommato possiamo dire che la storia finisce bene. Che è una commedia, insomma.
Se non fosse che il 5 dicembre, alla sua ultima replica, Prologue non si è fermato all’arigatō gozaimashita.
Parte il video di From Russia with Love nel 2004, lo Yuzu funghetto inizia a fare una trottola ed ecco lo Yuzu adulto che torna sul ghiaccio e riprende la trottola del funghetto. Poi il video cambia. Sorrisi, così tanti sorrisi. La sua voce che parla. Di cosa? Ascoltiamo. Avete trovato la felicità? Siete legati a qualcuno? O avete il cuore spezzato? Va tutto bene. Andrà tutto bene. Questa storia, questi programmi sono al vostro fianco. Questo è per voi, il regalo da parte di chi è al vostro fianco. Un attimo di attesa, poi la scritta: TOKYO DOME. E infine: manifesto che annuncia Gift. Il 26 febbraio Yuzuru Hanyu, atleta professionista, GOAT del pattinaggio di figura, si esibirà in un nuovo spettacolo – una nuova storia, come dice il sottotitolo stesso: Ice Story 2023 – al Tokyo Dome. Cioè, nel tempio sacro dei mostri altrettanto sacri dello sport e della musica. Ci si è esibito Michael Jackson, lì. David Bowie. Ma non ci è esibito nessun pattinatore, mai. In un’arena da oltre cinquantamila posti, Yuzu sarà il primo. Tutti voi, per favore, prosegue Yuzu: da ora questa storia, questi programmi, questo regalo… venite a riceverli!
Ecco, questa è la situazione finale della storia raccontata in Prologue: non solo il professionismo, ma Gift. È una situazione migliore o peggiore di quella iniziale? Prologue finisce bene, quindi è una commedia, oppure finisce male, quindi è una tragedia? Un simile epilogo non sembrerebbe lasciare molti dubbi: la guerra è vinta, si può cominciare a ricostruire un mondo in cui stare in pace, essere felici, donare agli altri. Le cicatrici ci sono ma, come quella a saetta di Harry Potter, non fanno più male; ora servono a ricordare a Yuzu chi è, a quale prezzo ha realizzato i suoi sogni e quali sono le fondamenta su cui edificare una nuova storia.
E noi, Yuzu, saremo lì a sentirtela, anzi, a guardartela raccontare.
Sempre.
Grazie a Barbara Waschimps e Planet Hanyu per le traduzioni.

English:

(Posted on January 21st 2023
Translated by Yuzuru Hanyu Italian FB Fan Group)

Coming soon

Japanese:

You can find the Japanese translation on Nymphea’s blog Pianeta Hanyu.

Come sempre, se ne avete voglia, lasciate un commento, così facciamo due chiacchiere insieme!
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